Sconfinamenti - Alessandria 2008
Sabato 18 ottobre 2008, alle ore 18.00, presso la galleria d’arte “ALEXANDER ALVAREZ CONTEMPORARY ART” di Alessandria, Palazzo Melchionni, via Migliara 17, secondo piano, avrà luogo l’inaugurazione della mostra collettiva “Sconfinamenti. Le chiavi della convivenza nelle opere di artisti serbi ed albanesi”. Nell’attuale momento storico di destabilizzazione dei rapporti fra le diplomazie serbe ed albanesi per via della Dichiarazione di Indipendenza del Kosovo, vi è la ferma volontà, da parte degli artisti ospiti (Dragana Adamov, Nebojsa Bogdanovic, Olga Djurdjevic, Alfred “Milot” Mirashi, Alkan Nallbani, Biserka Petrovic, Parlind Prelashi , Artan Shabani,Tijana Stankovic), di rivendicare il potere dell’arte, che permette di unire gli uomini in un linguaggio universale, al di là di qualsiasi conflitto politico e culturale. Con questa consapevolezza, l’esposizione si propone, ospitando insieme giovani ma già affermati artisti di origine serba ed albanese, come concreto esempio di confronto e condivisione, nel nome di una ricerca e di una riflessione che siano in grado di superare confini e differenze. “Sconfinamenti”, dunque, superamento delle frontiere ideologiche, ma anche di quella vacua estetica di regime (il cosiddetto “realismo socialista”) in cui l’arte serba e quella albanese sono rimaste, seppure in forme e gradazioni diverse, a lungo prigioniere. “Sconfinamenti”, in direzione di un territorio in cui la libertà di ricerca e di espressione artistica siano il segno di un Nuovo Umanesimo, di una Nuova Storia in cui gli unici confini da abbattere siano quelli che negano all’individuo la sua autonoma e responsabile realizzazione creativa”. “SCONFINAMENTI. Le chiavi della convivenza nelle opere di artisti serbi ed albanesi” Sede: ALEXANDER ALVAREZ CONTEMPORARY ART, Palazzo Melchionni, via Migliara 17, Alessandria. Periodo mostra: da sabato 18 Ottobre 2008 a sabato 15 Novembre 2008. Orario: dal martedì al sabato, dalle 15.30 alle 19.30. Inaugurazione: sabato 18 Ottobre 2008, ore 18.00 . Curatori della mostra: Emiliano Busselli e Gian Luca Randazzo. Patrocinata dalla Regione Piemonte, dalla Provincia di Alessandria e dal Comune di Alessandria Sconfinamenti. Testo di Emiliano Busselli “Una nuova speranza animava l’Europa dopo la caduta del Muro di Berlino, tragico simbolo di separazione ed irriducibile alterità. La coscienza collettiva di un continente a lungo straziato dalle lotte fratricide s’illuminava in un rinnovato orizzonte di pace. La pervicace, artificiosa ed ideologica frontiera tra Est ed Ovest si scioglieva come neve al Sole. L’aspettativa in una stabile e pacifica convivenza civile spingeva alcuni influenti studiosi a proclamare la “fine della Storia”, nella fiduciosa prospettiva di una civiltà finalmente emendata dal conflitto. Ma, presto, a raggelare le speranze, intervenne il tragico risveglio delle Guerre Balcaniche. La terra degli Slavi del Sud, magico caleidoscopio multiculturale di millenaria tradizione, subiva la dolorosa ferita della guerra civile. L’Italia, intanto, aveva conosciuto il biblico esodo dei fuggiaschi dall’arcaico regime comunista albanese. Numerosi giovani, in qualche caso dopo aver frequentato i licei artistici e le accademie del Paese delle Aquile, radicavano in una terra straniera, ma aperta alle suggestioni internazionali, il loro desiderio di libera espressione creativa. Fino a giungere alla stretta attualità di una dichiarazione unilaterale d’indipendenza che rischia di riaprire la ferita, non ancora del tutto sanata, di una terra di confine, il Kosovo, in cui due popoli, quello serbo e quello albanese, sembrano intrecciare i loro destini in una rinnovata sfida di convivenza, non esente dai cinici giochi della geopolitica globale ed inserita in una visione di tolleranza alla cui concretizzazione l’Arte, con il suo linguaggio universale, può offrire un contributo non indifferente. Con questa consapevolezza, l’esposizione collettiva “Sconfinamenti” si propone, ospitando insieme giovani ma già affermati artisti di origine serba ed albanese, come concreto esempio di confronto e condivisione, nel nome di una ricerca e di una riflessione che siano in grado di superare confini e differenze. “Sconfinamenti”, dunque, superamento delle frontiere ideologiche, ma anche di quella vacua estetica di regime (il cosiddetto “realismo socialista”) in cui l’arte serba e quella albanese sono rimaste, seppure in forme e gradazioni diverse, a lungo prigioniere. “Sconfinamenti”, in direzione di un territorio in cui la libertà di ricerca e di espressione artistica siano il segno di un Nuovo Umanesimo, di una Nuova Storia in cui gli unici confini da abbattere siano quelli che negano all’individuo la sua autonoma e responsabile realizzazione creativa”. Gli artisti e le opere. Testo di Emiliano Busselli La collettiva prevede la partecipazione di un gruppo di giovani artisti serbi nati tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta del Novecento ed accomunati dalla frequentazione, con risultati d’eccellenza, dei prestigiosi corsi dell’Università delle Arti di Belgrado, istituzione di riferimento nel panorama artistico dei territori della ex – Jugoslavia, e dell’Accademia delle Belle Arti di Firenze. Biserka Petrovic, laureata in Grafica presso l’Accademia fiorentina, è la protagonista, nonostante la giovane età, di un’emblematica evoluzione espressiva: dall’incisione alla pittura, dal bianco e nero al colore, dagli scheletri animali (suo soggetto grafico preferito) alla carne, che caratterizza i più recenti dipinti con la presenza di colature di colore che simulano il sangue. Una sorta di passaggio ed iniziazione dalla scarna essenzialità dell’incisione alla carnale e sensuale vitalità della pittura. Dragana Adamov, attualmente specializzanda in Pittura presso la stessa accademia e laureata in Ceramica presso l’Accademia delle Arti Applicate di Belgrado, ha plasmato nell’esperienza una personale fusione delle due arti, con la creazione di oggetti e sculture in ceramica e di opere pittoriche appartenenti allo stesso mondo figurativo, un mondo piacevolmente fantasioso, caratterizzato da un’assoluta e giocosa libertà formale e dalla raffinata e preziosa delicatezza degli equilibri cromatici. Il panorama delle arti rappresentate si allarga con Olga Djurdjevic, diplomata in Scenografia ed attualmente iscritta al Biennio Specialistico di Arti Visive e Discipline dello Spettacolo presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, e Tijana Stankovic. Il loro contributo consiste in una video - installazione in virtù della quale circa 1000 fotogrammi di diversi disegni, raffiguranti un volto misteriosamente androgino e variamente perturbato da interferenze di linee e colori, danno vita ad un gioco di metamorfosi che raggiunge il suo apice simbolico quando sul volto si disegna una striscia di arcobaleno. Si torna alla componente più materica dell’arte con la pittura di Nebojsa Bogdanovic, autore di quadri – oggetto nella composizione dei quali il colore è un materiale tra gli altri, così come la tela. Si arriva, pertanto, a opere in cui campiture di colori tra loro contrastanti dialogano con corposi grumi di colore che sono ciò che la tavolozza restituisce al pittore dopo vari passaggi creativi, quasi a voler sottolineare come l’arte sia fondamentalmente gesto e come, quindi, di essa faccia parte, con lo stesso valore, ogni aspetto e momento dell’espressione creativa. Per quanto riguarda il secondo gruppo di ospiti, l’esposizione potrà gloriarsi della presenza di Alfred Mirashi “Milot”, personalità paradigmatica di un’intera generazione di artisti, la generazione che, fuggendo dai rigori anti –modernisti della dittatura di Enver Oxa, ha rinnovato l’arte albanese ricongiungendola agli umori ed alle suggestioni internazionali. Grazie agli studi effettuati presso l’Accademia di Brera ed ai numerosi soggiorni all’estero (Londra, Barcellona, New York), Milot (che ha scelto come nome d’arte il nome del suo villaggio natale) ha elaborato una personalissima interpretazione della classicità mediterranea, in cui i colori e le iridescenze luminose di quel mare che è il simbolo stesso degli scambi e delle sovrapposizioni culturali fanno da sfondo, o, meglio, da habitat ideale, nello stesso tempo naturale ed astratto, a teste statuarie classicheggianti in cui l’antica arte illirica si incontra con quella greco – romana. Un viaggio alle radici stesse della mediterraneità, dunque, volto a carpire e fare proprio il segreto arcaico che, da sempre, fa di questo bacino un crogiuolo di civiltà. A bilanciare le note coloristiche luminose e delicate delle tele di Milot contribuiscono le cromaticamente accese ed appassionate opere di Alkan Nallbani, esponente di un espressionismo figurativo intenso e non esente da venature popolari nella presenza di figure umane massicce e tutt’altro che idealizzate, immerse in un contesto naturale lirico ma insieme selvaggio ed irriducibile. Fin da ragazzo attivo nel panorama culturale, artistico e politico albanese, protagonista della protesta studentesca contro l’oppressione del regime comunista di Oxa, Nallbani, nel 1996, si trasferisce a Firenze, dove rimane a lungo, per poi stabilirsi a New York, dove entra in contatto con le più prestigiose gallerie e con i grandi nomi della Transavanguardia (Sandro Chia in testa), ai quali lo accomunano il gusto per un ritorno alla manualità, alla gioia ed ai colori della pittura dopo il lungo dominio dell'arte concettuale, la riscoperta delle radici locali e popolari, la cosiddetta “ideologia del traditore” (l’intenzione di liberarsi da qualsiasi norma, ideologia o potere) ed il cosiddetto “passo dello strabismo” (l’attenzione ai fenomeni laterali ed inattesi). Legata alle radici popolari è anche l’arte di Artan Shabani, nato a Vlore e attualmente residente a Torino, autore dedito alla raffigurazione di personaggi che incarnano, nei loro lineamenti e nella fierezza degli sguardi, la temprata essenza balcanica. Shabani, restando fedele ad un’impostazione essenzialmente figurativa, non disdegna tecniche vicine a quelle delle avanguardie storiche, giungendo fino agli esiti di una sorta di cubismo sintetico che, insieme all’uso quasi materico di colori grassi e terragni, dona ai suoi ritratti un ulteriore fascino nostalgico di profonda appartenenza ad una terra e ad una tradizione. Appartenenza ad una terra e ad una tradizione che non può significare chiusura, ma, al contrario, apertura a tutte le possibili appartenenze, come esemplarmente dimostrato dal video di Parlind Prelashi, in cui i riti propiziatori di un matrimonio tradizionale nord-albanese sono gioiosamente commentati, in un festoso omaggio alla pacifica convivenza tra i popoli, dalla musica colta e insieme popolare del serbo Goran Bregovic. L’esposizione, nel suo insieme, permetterà un’esauriente ricognizione nell’arte contemporanea balcanica, mettendo in evidenza le differenze di natura storica: un’arte albanese più legata, nella sua ispirazione di fondo, ad un realismo popolare ed intensamente lirico; un’arte serba tendenzialmente più concettuale e maggiormente attraversata, nella sua ininterrotta apertura esterna, dalle influenze delle avanguardie contemporanee. Ma, al di là di ogni differenza, vi è, da parte degli artisti ospiti, la ferma volontà di rivendicare, nell’attuale momento storico di destabilizzazione dei rapporti fra le diplomazie serbe ed albanesi per via della Dichiarazione di Indipendenza del Kosovo, il potere dell’arte, che permette di unire gli individui in un linguaggio universale, al di là di qualsivoglia conflitto politico e culturale.