Le Veneri di Milot
Dal 4 al 28 settembre 2003 il Maschio Angioino ospita una mostra di Alfred Mirashi Milot, giovane artista albanese. L’incontro con lui ha creato un’immediata empatia, lì per lì difficilmente spiegabile, ma che negli istanti successivi ha lasciato ampio spazio alla riflessione. Sguardo fiero, se non altero: quasi a difendere e a celare nella profondità dell’animo e nello scrigno dei ricordi il momento del suo approdo, lui fanciullo!, sulle coste della speranza. Eccolo affrontare, senza guida, il monte della sopravvivenza; ma poi le prime mani, forse i primi sorrisi, pian piano lo sospingono nell’abbraccio di un mondo da lui sognato. L’Accademia di Belle Arti di Brera lo vede primeggiare; rafforza i suoi studi in Inghilterra e poi a New York, rientra in Italia e consacra con fierezza la sua arte ai suoi natali: è Milot. I critici valuteranno la sua produzione, la cui preponderante caratteristica è quella di affidare la sua ispirazione essenzialmente ad un linguaggio pittorico non condizionato da figure, salvo che per discrete, silenziose forme di teste divelte da antichi miti greci: come a riportare alla luce una mediterraneità sepolta. Non a caso il suo eroe è Skànderbeg, il giovane principe albanese ceduto fanciullo al Sultano turco, ma poi vindice dell’orgoglio della sua gente, animato da uno spirito di libertà universale, che perseguì anche in terra italica. Per questo, assieme ai suoi quadri, compariranno nel Maschio Angioino su una superficie di sabbia sette grandi uova in cemento ricoperte da mosaici raffiguranti volti da lui scelti e pensati, perché visti dalla sua arte come apostoli di un messaggio di affratellamento universale: Madre Teresa, Alessandro Magno, Caravaggio, Dante Alighieri, Giordano Bruno, Maradona; naturalmente Skànderbeg , albanese ed eroe. Rosa Russo Iervolino Sindaco di Napoli